Riconoscimento professionale
Si mobilitano i futuri manager culturali dell'ateneo federiciano
Napoli. Venerdì 20 dicembre gli studenti del
CdlM in Organizzazione e Gestione del patrimonio culturale e ambientale
incontreranno gli Onn. Gallo, Paolucci e Scotto (di Ivana
Vacca)
Tema caldo,
quello del riconoscimento delle professioni culturali. Dopo la mobilitazione
degli archeologi comincia a delinearsi anche quella dei manager della cultura.
Venerdì 20 dicembre alle ore 9.00 presso l’aula LI sita in via Mezzocannone 16
dell'Università Federico II, si svolgerà un incontro pubblico organizzato dagli
studenti del Corso di Laurea Magistrale in "Organizzazione e Gestione del
patrimonio culturale e ambientale" con gli Onn. Luigi Gallo (Commissione
Cultura, Scienza e Istruzione - M5S), Massimo Paolucci (Commissione Trasporti e
Telecomunicazioni - PD) e Arturo Scotto (Commissione Affari Esteri e Comunitari
- SEL).
L’incontro
verterà sull’atteso riconoscimento della classe di laurea in Scienze economiche
per l’ambiente e la cultura (LS-83 e LM-76) nei futuri bandi di concorso del
MIBACT dai quali - eccezion fatta per il recente bando “500 giovani per la
cultura” - i laureati in tale settore sono ancora per lo più esclusi. Altro
tasto dolente oggetto di dibattito sarà il mancato accesso al procedimento di
selezione del Tirocinio Formativo Attivo per la preparazione all’insegnamento.
Il dibattito si
svolgerà alla presenza dei docenti del corso di laurea e vedrà alternarsi gli
interventi dei rappresentanti istituzionali alle proposte degli studenti, al
fine di una riflessione critica a più voci per ottenere un impegno concreto nel
vedersi riconosciuta la classe di laurea LM-76 che ad oggi non è contemplata né
nei concorsi indetti dal MIBACT né in quelli del MIUR.
L’incontro
appare essere un primo passo verso l’apertura di un ulteriore dibattito: quello
sul riconoscimento professionale, un provvedimento necessario se si vuole
garantire una connessione tra la formazione universitaria e il mondo del
lavoro. Ad oggi, infatti, i manager culturali non sono tutelati sotto il
profilo normativo e sono stati esclusi anche dalla proposta di legge
n. 362, presentata
alla Camera dei Deputati dagli onorevoli Ghizzoni, Madia e Orfini il 20 marzo
scorso, la quale contempla tra i professionisti culturali i soli archeologi, archivisti, bibliotecari,
demoetnoantropologi, storici dell’arte e antropologi esperti di diagnostica
applicata ai beni culturali.
Se negli ultimi
anni del Novecento la figura del manager culturale si affacciava timidamente
all’interno del panorama delle professioni culturali, oggi è ben specificata e
consolidata. Risultato di una formazione trasversale e multidisciplinare in cui
studi di tipo tecnico e umanistico (storico, artistico, archeologico,
bibliotecario etc..) si sono integrati ad insegnamenti capaci di fornire
competenze economiche, gestionali, giuridiche, oltre che una preparazione
collegata al marketing e alla progettazione. Una figura professionale che opera
nel settore culturale attraverso una visione unitaria superando la dicotomia
tra teoria e prassi, ancora oggi alla base di molti esempi di cattiva gestione
e causa si svilimento del patrimonio culturale italiano rispetto a quello di
altri paesi.
E se è vero che oggi il sistema
produttivo culturale rappresenta un valore aggiunto vantando un moltiplicatore
pari a 1,7 – come emerge dal Rapporto 2013 “Io sono
cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione
Symbola e Unioncamere – è anche vero che il settore necessita di metodologie di
gestione specificatamente adeguate al proprio ambito, di specifiche capacità di
networking e di opportuni piani di valorizzazione e comunicazione.
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